Direzione regionale musei della Toscana

Castelfranco Piandiscò – Abbazia di S. Salvatore a Soffena

Orari di Apertura e Biglietti
Apertura :

Dal 5 gennaio 2024:
Lunedì, mercoledì, venerdì: ore 14.15 - 18.45  
Martedì, giovedì, 1°  e 3° sabato del mese: ore 9.15 - 13.45  
Sabato 2° e 4° del mese: ore 9.15 - 12.45 
Domenica 2a e 4a del mese: ore 8.30 - 13.45
Chiusa:  1a, 3a e 5a domenica del mese, 2° e 4° lunedì del mese, 1 gennaio, 25 dicembre

Biglietti :

Ingresso gratuito

 

Situata appena fuori dell’abitato di Castelfranco, l’Abbazia di San Salvatore a Soffena, il cui toponimo rimanda ad un’origine etrusca, si presenta con la caratteristica forma di quadrilatero, dominato da un massiccio campanile di pietra, in un mirabile paesaggio collinare nel verde altopiano a sud del massiccio del Pratomagno. Essa sorge in prossimità della strada panoramica dei Setteponti, su un antichissimo cenobio, a sua volta costruito sulle rovine di un castelletto degli Ubertini che fino dal XI secolo  avevano vasti possedimenti  in Valdarno Superiore. Ritrovamenti di tombe nel chiostro e scavi hanno permesso di riportare alla luce un edificio di culto simile per dimensioni alla primitiva chiesa paleocristiana della vicina pieve di Gropina (Loro Ciuffenna) e grazie a frammenti architettonici di epoca longobarda si è potuto datare la struttura intorno alla prima metà dell’800.
E’ del 1014 invece il primo documento, relativo ad un atto di donazione, che la nomina.  Nel 1090 l’Abbazia viene poi concessa, con una Bolla di papa Urbano II,  alla congregazione dei monaci di Vallombrosa.
La struttura attuale risale alla fine del Trecento, quando la precedente chiesa viene demolita e interamente riedificata, spostando l’asse del nuovo edificio verso ovest e realizzando un impianto a croce latina con volte a crociera e decorando l’interno con pregevoli affreschi realizzati intorno alla prima metà del Quattrocento. Il chiostro interno è invece porticato su tre lati con una specchiatura di prato centrale, mentre la torre campanaria ha base quadrata.
Purtroppo nel Seicento gli affreschi furono martellati per facilitare l’attacco degli intonaci che li avrebbero nascosti per secoli. Entrando sulla destra infatti si può vedere in una nicchia la Madonna con Bambino e i Santi Pietro e Francesco attribuita al pittore fiorentino Paolo Schiavo, poco oltre è l’Annunciazione di Giovanni di Ser Giovanni detto “Lo Scheggia”, fratello minore di Masaccio.
Nella parete del transetto è la grande Strage degli innocenti, di particolare intensità drammatica, solitamente attribuita a Liberato da Rieti ma, recentemente, si è proposto il nome del Maestro di Bibbiena, pittore di ambito fiorentino, cui pure apparterrebbe la sottostante Visitazione.
A Mariotto di Cristofano, cognato di Masaccio e dello Scheggia, invece viene attribuita la Madonna in trono col Bambino e i santi Lazzaro e Michele Arcangelo, collocata dietro l’altare maggiore. Nel transetto sinistro invece affreschi generalmente attribuiti ad ambito senese, mentre a sinistra nell’ingresso è visibile San Giovanni Gualberto, fondatore dell’Ordine dei Vallombrosani, attribuito a Bicci di Lorenzo.
Nella chiesa si ricorda l’esistenza di altre opere, tra cui una robbiana, trafugate poi nei secoli successivi. Infatti, nella seconda metà del Settecento, in seguito alle soppressioni  leopoldine  l’Abbazia fu tolta ai monaci, ceduta prima al Comune di Castelfranco di Sopra e poi acquistata dalla famiglia Ristori che la adibì a fattoria colonica, utilizzandola come deposito agricolo.
Il complesso monumentale fu acquisito dallo Stato nel 1963, successivamente sotto la guida l’architetto Guido Morozzi, soprintendente ai Monumenti, si operò una sostanziale ristrutturazione architettonica del sito mentre gli affreschi, scoperti sotto l’imbiancatura e in stato di degrado, furono staccati, restaurati e riportati su pannelli alle pareti dell’edificio.